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mercoledì 3 ottobre 2018

Cena sana e gustosa

Peperoni al forno con insalata, melograno e semi di girasole...


Questo piatto si prepara con molta facilità... e in poco tempo...

Occorrente: 4 peperoni gialli
                  insalata verde
                  1 melograno
                  semi di girasole

Accendi il forno e riscaldalo a 180°
Prepara lavati e tagliati i peperoni e mettili su una teglia con la carta forno.





Spolvera il tutto con un pò di pepe e sale e un filo d'olio.



Inforna per 20 minuti.
Nel frattempo prepara l'insalata condita con olio, pepe e sale alla quale aggiungerai il melograno e i semi di zucca.




I peperoni sono pronti....




Dopo aver impiattato.... buon appetito. 😋😋😋

Ricorda le regole per assimilare bene i nutrienti:

1) l’ambiente dove mangi deve essere tranquillo e senza rumori molesti

2) apparecchia bene la tavola, anche l'occhio vuole la sua parte, lo stai facendo per te, tu sei importante

3) spegni televisione, smartphone, tutto ciò che ti può distrarre da ciò che stai facendo

4) dedicati del tempo, stai compiendo un atto importante, stai nutrendo il tuo corpo, è importante come respirare

5) mastica bene, lentamente e insaliva bene il cibo, il primo processo digestivo inizia nella bocca con la masticazione, il cibo solido andrebbe ingerito “liquido”

6) appoggia la forchetta ad ogni boccone

7) assapora ciò che stai mangiando

8) approcciati al cibo con uno stato d’animo tranquillo, è molto controproducente mangiare da arrabbiati, oppure in modo frettoloso...


domenica 9 settembre 2018

IL MASSAGGIO “OLISTICO”


Il termine olistico deriva dal greco “olos”, che indica la totalità, la globalità di qualcosa, in questo caso dell’essere umano 
Il massaggio olistico è un tipo di trattamento che considera la persona nella sua interezza, secondo le specifiche caratteristiche anatomiche e bioenergetiche, con la finalità di ripristinare il naturale equilibrio energetico. 
Ogni trattamento viene personalizzato in base alle esigenze della persona e, attraverso il contatto fisico, viene stimolata la comunicazione tra mente e corpo, affinché eventuali blocchi energetici e muscolari si sciolgano. 
I benefici?  Sono davvero innumerevoli… 
rilassamento muscolare 
miglioramento della circolazione sanguigna e linfatica maggiore mobilità articolare e delle fasce nervose incremento della fluidità del corpo
beneficio nei confronti di mal di schiena, artrite, insonnia, ansia, stress, mal di testa, ipertensione, stitichezza
eliminazione delle tossine
stimolazione del sistema immunitario 
e moltissimi altri……

Un pò di storia del massaggio……
La parola massaggio sembra derivare dall'arabo “mass” o “mash” (frizionare, premere) o dal greco “masso” (impastare, maneggiare). I benefici fisici e psicologici di questa pratica sono stati riconosciuti fin dall'antichità, si può senz'altro affermare che l'arte medica abbia avuto inizio proprio con il massaggio. 
Ippocrate (406 a.C.) - medico greco padre della medicina moderna - descrisse “l'anatripsis”, letteralmente “frizione verso l'alto”, come pratica più efficace rispetto allo stesso movimento effettuato verso il basso sugli arti, dimostrando di aver intuito il meccanismo della circolazione linfatica e sanguinea, concetto confermato poi da Harvey all'inizio del XVII secolo d.C.. 
Nei suoi scritti, Ippocrate confermò le virtù del massaggio dedicandogli importanti osservazioni, anch'esse confermate molti secoli dopo la sua morte. Egli scriveva “i medici devono essere esperti in molte cose, tra queste senza dubbio anche il massaggio” e, ancora, “Il rimedio è applicabile ai mali acuti come a quelli cronici e alle varie forme di debolezza, poiché queste cure hanno potere rinnovatore e rinvigoritore 
Oggi, la moderna ricerca scientifica ha definitivamente riconosciuto il massaggio come terapia efficace….
Secondo un recentissimo studio del Dipartimento di Psichiatria e Neuroscienze Comportamentali dell'ospedale Cedar's Sinai di Los Angeles i massaggi non sono solo rilassanti, hanno veri e propri effetti biologici positivi. Due su tutti: riducono la quantità di ormoni dello stress in circolo e potenziano le risposte del sistema immunitario, proteggendo da infezioni e malattie. 
Quindi…..

il massaggio ha molteplici vantaggi e tra questi, non ultimo e non meno importante, quello di essere un “momento” dedicato a se stessi…….
Un percorso speciale, plasmato su di te e per te...

lunedì 28 maggio 2018

Dipendenza digitale? ansia e depressione in agguato...


Questo interessante studio condotto dalla San Francisco State University ci mette in guardia dallo smodato uso delle tecnologie digitali.
Siamo sempre più distratti da tutti gli input che ci arrivano dal digitale.
Sempre meno abituati a comunicare “personalmente” relegando il contatto ad un triste messaggio e andando cosi a perdere una parte fondamentale della comunicazione, quella “non verbale”.
E’ ormai usuale vedere coppie o gruppi di amici, seduti attorno ad un tavolo, sostituire la “convivialità” con la tastiera di uno smartphone, oppure persone che camminano per strada ipnotizzate  dal proprio telefono.
Nessuno mette in dubbio l’indiscutibile utilità, ed i vantaggi offerti dalla tecnologia, semmai è “l’abuso” della medesima a creare dei problemi…ansia, solitudine e depressione.
Siamo animali socializzanti, ma la socializzazione non è essere appartenenti ed in vetrina in un freddo ed impersonale social, bensì essere appartenenti ad una società reale, fatta di sguardi, abbracci, strette di mano, di pacche sulla spalla, di ciao veri e di emozioni condivise per essersi incontrati.
Un buon allenamento? Prova a spegnere pc e smartphone un ora al giorno… quando lo accenderai ti accorgerai che tutto è ancora come prima, ma tu avrai trascorso un ora in libertà.

Buona lettura…..  

La dipendenza digitale aumenta la solitudine, l'ansia e la depressione
Uno studio condotto su 135 studenti della SF State University ha rilevato che gli utenti di smartphone maggiormente utilizzatori erano più depressi, ansiosi e soli.
San Francisco State University:
Gli smartphone sono parte integrante della vita di molte persone, permettendoci di rimanere sempre connessi e informati. Il rovescio della medaglia di questa convenienza è che molti di noi sono anche dipendenti dai continui ping, rintocchi, vibrazioni e altri avvisi dei nostri dispositivi, incapaci di ignorare nuove e-mail, testi e immagini. In un nuovo studio pubblicato su NeuroRegulation, il professore di educazione alla salute dell'Università di San Francisco Erik Peper e il professore associato di Educazione alla salute Richard Harvey sostengono che l'abuso di smartphone è come qualsiasi altro tipo di abuso di sostanze.
"La dipendenza comportamentale dall'uso di smartphone inizia a formare connessioni neurologiche nel cervello in modo simile a come viene vissuta la dipendenza da oppioidi dalle persone che assumono Oxycontin per alleviare il dolore - gradualmente", ha spiegato Peper.
Oltre a questo, la dipendenza dalla tecnologia dei social media potrebbe effettivamente avere un effetto negativo sulla relazione sociale. 
Ritengono che la solitudine sia in parte una conseguenza della sostituzione dell'interazione faccia a faccia con una forma di comunicazione in cui il linguaggio del corpo e altri segnali non possono essere interpretati. 
Hanno anche scoperto che quegli stessi studenti sono quasi costantemente multitasking mentre studiano, guardavano altri media, mangiavano o frequentavano le lezioni. Questa costante attività lascia poco tempo al corpo e alla mente di rilassarsi e rigenerarsi, dice Peper, e si traduce anche in "semi-tasking", in cui le persone svolgono due o più compiti contemporaneamente - ma la metà di quanto avrebbero se focalizzato su un compito alla volta.
Peper e Harvey notano che la dipendenza digitale non è colpa nostra ma è il risultato del desiderio dell'industria tech di aumentare i profitti aziendali. "Più occhi, più clic, più soldi", ha detto Peper. Le notifiche push, le vibrazioni e altri avvisi sui nostri telefoni e computer ci fanno sentire obbligati a guardarli attivando gli stessi percorsi neuronali nel nostro cervello che una volta ci avvisavano di un pericolo imminente, come un attacco di una tigre o di un altro grande predatore. "Ma ora siamo dirottati dagli stessi meccanismi che una volta ci proteggevano e ci permettevano di sopravvivere - per le informazioni più banali", ha detto.
Ma proprio come possiamo allenarci a mangiare meno zucchero, ad esempio, possiamo e allenarci ad essere meno dipendenti dai nostri telefoni e computer. Il primo passo è riconoscere che le aziende tecnologiche stanno manipolando le nostre innate risposte biologiche al pericolo. Peper suggerisce di disattivare le notifiche push, rispondendo solo alle e-mail e ai social media in momenti specifici e in periodi di programmazione senza interruzioni per concentrarsi su attività importanti.

Due studenti di Peper affermano di aver adottato misure proattive per cambiare i loro modelli di utilizzo della tecnologia. Khari McKendell, responsabile delle attività ricreative, dei parchi e del turismo, ha chiuso tutti i suoi account sui social media circa sei mesi fa perché voleva stringere legami più forti faccia a faccia con le persone. "Continuo a chiamare e mandare messaggi di testo alle persone, ma voglio assicurarmi che la maggior parte delle volte parlo di persona con i miei amici", ha affermato.
La Senior Sierra Hinkle, dice che ha smesso di usare le cuffie mentre camminava fuori per essere più consapevole di ciò che la circondava. Quando è fuori con gli amici, mettono tutti i loro telefoni al centro del tavolo, e il primo a toccarli compra le bevande. "Dobbiamo diventare creativi e approcciare la tecnologia in un modo diverso che integra ancora le competenze di cui abbiamo bisogno ma che non toglie l'esperienza della vita reale", ha affermato Hinkle.

fonte:
Materiali forniti dalla San Francisco State University. Originale scritto da Lisa Owens Viani. Nota: il contenuto può essere modificato per stile e lunghezza.

Riferimento del giornale:

Erik Peper, Richard Harvey. Dipendenza digitale: aumento della solitudine, dell'ansia e della depressione. NeuroRegulation, 2018; 5 (1): 3 DOI: 10.15540 / nr.5.1.3

domenica 6 maggio 2018

Più ci si muove, più si è felici


Muovi il tuo corpo……….
Fa parte di un corretto stile di vita mantenere il nostro corpo in buona forma
Tanto è importante e amica l’alimentazione, quanto
la vita sedentaria è uno dei nostri peggiori nemici…..
il nostro corpo ha bisogno di movimento
non un movimento intenso ed esagerato, ma dolce e quotidiano.
Anche il semplice camminare è una medicina fantastica per noi….
i benefici che ne derivano sono molteplici…. 

Aiuta nel controllo del peso
Riduce il colesterolo
Abbassa la pressione 
Rafforza le ossa
Riduce i rischi cardio vascolari
Mantiene tonica la muscolatura
Migliora l’umore
Riduce i sintomi di ansia e depressione
Non richiede nessuna attrezzatura
Lo puoi fare in qualsiasi momento e luogo
Non ha nessuna controindicazione 

Quindi, dedichiamo almeno 35 minuti a giorno a noi stessi
ce lo meritiamo…….
evitiamo di poltrire, magari dopo cena sul divano!
Usciamo, andiamo a respirare, non importa se viviamo in città….
per camminare non esistono barriere. 
E neanche il brutto tempo è una scusa l’odore della pioggia
e l’aria fresca sono fortemente rivitalizzanti.

Leggi questo interessante studio:
Praticare uno sport potrebbe accrescere non solo il benessere fisico, ma anche quello mentale. Oltre a ridurre l'ansia e la depressione, potrebbe infatti aiutare a sentirsi più felici. Lo suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Happiness Studies dai ricercatori dell'Università del Michigan di Ann Arbor (Stati Uniti), secondo cui le persone che si allenano regolarmente avrebbero dal 30 al 50% di probabilità in più di essere felici rispetto a quelle che conducono una vita sedentaria. L’indagine ha esaminato i risultati di 23 studi che avevano analizzato il rapporto tra felicità e attività fisica. La maggior parte delle ricerche ha rilevato l’esistenza di un'associazione diretta o indiretta tra questi due fattori. In particolare, è emerso che rispetto alle persone inattive, quelle che praticavano poco movimento avevano in media il 20% di probabilità in più di essere felici. La percentuale saliva al 29% tra quelle mediamente attive, mentre gli individui molto attivi avevano probabilità maggiori del52% di essere felici.Come esempio, gli autori citano gli esiti di tre studi. Il primo ha evidenziato che rispetto ai giovani che non praticano attività fisica, quelli che lo fanno una volta a settimana hanno probabilità più alte di 1,4 volte di essere felici se sono normopeso e di 1,5 volte se sono in sovrappeso. Un'altra ricerca condotta su persone anziane ha evidenziato che quanto più tempo i partecipanti trascorrevano facendo movimento, tanto maggiore era il loro benessere emotivo. Infine, un’indagine che ha coinvolto alcune pazienti che erano state colpite da tumore ovarico, ha dimostrato che svolgere 150 minuti di attività fisica moderata o intensa ne aumentava il livello di felicità.“I nostri risultati suggeriscono che la frequenza e il volume dell'attività fisica costituiscono fattori essenziali nella relazione tra esercizio fisico e felicità – spiega Weiyun Chen, che ha coordinato lo studio -. Soprattutto, è emerso che anche un piccolo cambiamento nell'attività fisica può fare la differenza nel grado di felicità”
Articolo pubblicato su:

http://salute24.ilsole24ore.com/articles/20643 

domenica 15 aprile 2018

Mangi con lo smartphone?


Le regole per assimilare nel modo corretto i nutrienti, iniziano dalla tavola… ecco alcuni consigli utili:
  1. l’ambiente deve essere tranquillo e senza rumori molesti
  2. spegni televisione, smartphone, tutto ciò che ti può distrarre da ciò che stai facendo
  3. dedicati del tempo, stai compiendo un atto importante, stai nutrendo il tuo corpo, è importante come respirare
  4. mastica bene, lentamente e insaliva bene il cibo, il primo processo digestivo inizia nella bocca con la masticazione, il cibo solido andrebbe ingerito “liquido”
  5. appoggia la forchetta ad ogni boccone
  6. assapora ciò che stai mangiando
  7. approcciati al cibo con uno stato d’animo tranquillo, è molto controproducente mangiare da arrabbiati, oppure in modo frettoloso

Errati comportamenti ed abitudini alimentari sono sempre più correlati a disfunzioni, pessimi processi digestivi, disturbi alimentari.
Lo studio sotto riportato è uno spaccato di uno dei tanti errori che vengono compiuti all’atto dell’alimentarsi.
Buona lettura

Uno studio promosso dal ministero della Salute prova a far luce sull'uso di smartphone & Co tra gli adolescenti e sulle loro abitudini alimentari, mostrando una correlazione: maggiore è l'uso, più alto è il pericolo di comportamenti alimentari a rischio
di Annalisa Bonfranceschi

Stressati, internet-dipendenti, tanto che un quarto di loro passa oltre sei ore al giorno online fuori dalla scuola, annunciava solo un paio di mesi fa il rapporto sul benessere dei quindicenni dell'Ocse. Gli smartphone però sono compagni irrinunciabili a volte anche a scuola e spesso a tavola per adolescenti e preadolescenti. Tanto che alcuni ricercatori hanno già cominciato a chiedersi se l'uso smodato e sempre più capillare dei telefonini non sia correlato a cambiamenti nel modo di stare a tavola e mangiare dei ragazzi. Un sospetto più che legittimo, anche considerando quanto tablet, pc e smartphone e abitudini alimentari preoccupano genitori ed educatori. A chiederselo anche le istituzioni, con il ministero della Salute che in collaborazione con l'Ordine degli Psicologi del Lazio ha avviato un progetto per approfondire la possibile relazione tra uso delle nuove tecnologie e stili alimentari in adolescenti e preadolescenti i cui dati sono appena stati presentati.

Lo studio. Nella ricerca sono stati coinvolti 753 studenti, provenienti da 28 scuole di primo e secondo grado di tutte le province del Lazio, con età media intorno ai 13 anni. A loro i ricercatori dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica della Sapienza Università di Roma, hanno somministrato un questionario e affidato un diario alimentare da compilare per tre giorni, registrando tutto quello che mangiavano e relativi orari di consumo dei pasti. I questionari, raccontano i ricercatori, comprendevano una serie di domande relative al tipo e alla quantità di utilizzo di diversi dispositivi, dal pc, alla tv, allo smartphone, alle motivazioni che spingevano a usarli e anche domande per il monitoraggio dei comportamenti alimentari a rischio. I dati sono stati raccolti tenendo conto di genere, età e stato socio-economico-culturale.

I risultati. "Quel che abbiamo osservato, come ci si poteva aspettare, è che lo smartphone è il dispositivo più usato e che gli intake alimentari dichiarati risultavano molto bassi", spiega Viviana Langher, consigliera dell'ordine degli Psicologi del Lazio e professoressa di Psicologia Clinica alla Sapienza Università di Roma, che ha preso parte agli studi, "l'ipotesi, per le abitudini alimentari, è che questi ragazzi non registrino effettivamente tutto quello che mangiano, anche perché la maggior parte di loro era normopeso".

Quel che i ricercatori hanno osservato, invece, è una correlazione tra tempo trascorso a usare i device e comportamenti alimentari disfunzionali: "Al momento parliamo solamente di una correlazione osservata per un tempo limitato, dove un maggior uso di smartphone & Co si accompagna a condotte alimentari a rischio, come evitamento di alcuni cibi o abbuffate", continua Langher. "I risultati però ci dicono anche altro: relativamente alle motivazioni abbiamo osservato che la maggior parte dei ragazzi fa un uso di questi device tecnologi finalizzato al contatto sociale. C'è dunque una richiesta tangibile di contatto sociale".

Le motivazioni. Alla luce di quanto osservato, continua la psicologa, "quello che dobbiamo chiederci è qual è il contesto sociale ed emozionale in cui crescono i ragazzi? Quanto la condotta alimentare e l'uso di dei device tecnologici possono influenzare la crescita armonica di adolescenti e preadolescenti? Quale tipo di vuoto o disagio cerca di colmare questo uso?". Il rischio è che, in presenza di casi di disagio, si dia la colpa, troppo facilmente, allo smartphone, spesso ritenuto estraniante, senza dare attenzione a ciò che sta dietro, continua Langher. "Non dobbiamo demonizzare lo smartphone come strumento in sé, anche perché analizzando dei sottorisultati infatti abbiamo osservato che in alcuni contesti, come per esempio la tendenza a usarlo per diminuire stati emozionali negativi, potrebbe avere una funzione 'cuscinetto' verso disturbi del comportamento alimentare”.

fonte: http://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2017/06/08/news/adolescenti_con_lo_smartphone_a_tavola-167603064/


martedì 30 gennaio 2018

L’inconscio in ascolto... e tu come ti parli?


Attenti al linguaggio che usate con voi stessi, l’inconscio vi ascolta


Ogni nostra decisione, ogni stato d’animo, ogni malattia, ogni comportamento, ogni cambiamento fisiologico ecc. ha origine grazie alla comunicazione che abbiamo continuamente con noi stessi. Se ci rivolgiamo a noi stessi con un linguaggio debilitante, il risultato sarà un comportamento debilitante e se ci rivolgiamo a noi stessi con un messaggio di potere e di possibilità il nostro comportamento ci darà un risultato di potere e di successo.
Rivolgersi a se stessi con parole tipo: io sono un fallito, che sbadato che sono, io sono una persona negativa, io sono sfortunato, io sono stressato, capitano tutte a me, non ce la farò mai, sono un incapace, che stupido che sono ecc. significa gettare il seme di un malessere inconscio.
Il potere del linguaggio:
Le parole, dette o pensate, hanno un immenso potere: possono esprimere fiducia, orgoglio, passione, gioia.. ma possono anche ferire, giudicare, bloccare, scoraggiare. Quando parole con queste connotazioni arrivano dagli altri, è più semplice comprenderne l’impatto negativo sul nostro umore. Siamo invece meno propensi ad analizzare le parole che rivolgiamo a noi stessi, che hanno un impatto ancor maggiore.
Le parole che fanno male all’inconscio e ci complicano la vita…

1) Parole forti
Ci sono situazioni che prevedono l’impiego di termini forti quali “devastante”, “terribile”, “raccapricciante”, “spaventoso”…. il problema è che queste parole estreme vengono impiegate comunemente nel linguaggio di alcune persone per dare valore aggiunto a un’emozione o un’esperienza che nella realtà dei fatti potrebbe essere stata solo fastidiosa. Prestate attenzione a non abusare di questi termini perché, anche in questo caso, l’inconscio ascolta.
Cosa fare: pesate bene le parole prima di aprir bocca. Sembra scontato ma non lo è, imparate a usare una certa oggettività, anche se la cosa vi riguarda e vi ha scottato. Attenzione a non amplificare le emozioni enfatizzandone fino all’estremo nella descrizione verbale.

2) Parole “tutto o niente”
“La vita non è solo bianco e nero, è anche Oro”. Recitava così un vecchia pubblicità (J’Adore, della casa di moda Christian Dior), probabilmente è stata l’unica volta in cui uno spot televisivo ha detto la verità; infatti, la vita è fatta di tante sfumature e colori… purtroppo le parole “tutto o niente” ignorano questo concetto e lanciano segnali sbagliati al nostro inconscio. L’inconscio che fa? Incamera e diventa estremo.
Cosa fare: sostituire le parole quali “sempre”, “mai”, “assoluto”, “completo”, “eterno”, “zero”, “niente”, “tutto”… Alcuni esempi: “è tutto sbagliato” oppure “va a finire sempre così..”. Queste parole vanno sostituite sì nel linguaggio quotidiano ma soprattutto nei processi di pensiero.

3) Parole giudicanti
Non parlo di pregiudizi sociali ma delle etichette che tendiamo ad affibbiarci ogni giorno. “Sono uno stupido” o ancora “fallito”, “incapace”, “sbagliato”, “mostro”…. Queste parole esprimono un giudizio assolutistico sulla persona e spesso vanno proiettati all’esterno nel peggiore dei modi. Possono addirittura causare ansia.
Cosa fare: evitate di indossare abiti così pesanti. Se proprio non potete fare a meno di offendervi non fatelo in modo assolutistico. Riflettete e, al posto del classico “sono stupida” usate formule tipo “in questa circostanza non sono stata scaltra, avrei potuto agire in modo diverso…”. Analizzate il vostro atteggiamento senza escludere il contesto in cui si è svolto il tutto.

4) Parole “Ordini e imposizioni”
Quotidianamente ci bombardiamo di ordini e imposizioni: devo dimagrire, devo studiare, devo, devo, devo…. tutte le parole che denotano un ordine come “devo” “bisogna” “è obbligatorio”…. innescano ansia, stress e senso di colpa. Qualora il “devo” dovesse risultare incompiuto, potrebbero insorgere forti frustrazioni.
Cosa fare: sostituire il “devo” con “posso”. Anche nel routine di pensiero quotidiano, ripetersi “posso studiare” al posto di “devo studiare”, può fare una grossa differenza.

5) Parole che sottostimano
Altra spina nel fianco del linguaggio quotidiano sono le parole che ci sottostimano, o meglio, che ci vittimizzano. Sono demoralizzanti e hanno l’abilità di minare sensibilmente l’autostima. Chi abusa di queste parole può entrare in un meccanismo di apatia fino a sentirsi sollevato dalle responsabilità o perdere il coraggio di affrontare le difficoltà.
Cosa fare: sostituire le espressioni come debole, impossibile, esausto, inutile, non posso, vulnerabile, incapace. Si tratta di vocaboli demotivanti, valgono gli stessi consigli visti per le “Parole giudicanti”.
Il linguaggio delle persone di successo
Curare il proprio linguaggio è un requisito fondamentale per condurre una vita migliore. Gli uomini di successo hanno un linguaggio diverso, non usano affermazioni fallimentari perché sono consapevoli del potere che le parole hanno su di loro. Una parola ripetuta continuamente forgia il nostro carattere e di conseguenza la nostra personalità. Le parole possono creare la salute e la malattia.
Siate gentili con voi stessi, nessuno può esserlo meglio di voi. Rivolgendovi a voi stessi continuamente con espressioni di potere quali: sono meraviglioso, tutti mi vogliono bene, sono bravissimo nel mio lavoro, sono una persona amorevole, sono pieno di risorse e capacità, sto benissimo ecc. vi renderete conto che, pian piano, il malessere viene rimosso per lasciare il posto a un benessere senza precedenti e a un potere senza limiti.


martedì 16 gennaio 2018

Mangi sano e ti ammali di meno


“Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”

Queste le famose ed illuminanti le parole di Ippocrate di Cos (Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C.), autore del famoso giuramento ancora oggi utilizzato dai laureandi in medicina; giuramento che impegna il futuro medico ad agire per il bene del paziente, nel pieno rispetto della sua persona.
Il padre della medicina, ben 400 anni prima della nascita di Cristo, aveva già compreso l’importanza dell’alimentazione in rapporto alla nostra salute ed al nostro benessere psico-fisico. Siamo ciò che mangiamo: non dimentichiamocelo mai!
Finalmente diversi studi confermano ciò che i Naturopati professano da sempre.
Buona lettura

Mangi sano e ti ammali di meno:
a sostenere l'effetto terapeutico degli alimenti uno studio pubblicato su Jama. L’esperto: la questione è limitare gli alimenti di origine animale per stare meglio
di Tina Simoniello

Dai calcoli biliari all’acne giovanile, dalla carnagione spenta all’artrosi. Dalla cellulite al cancro passando per la menopausa, il cibo sembra curare ogni cosa. Una bella dieta, prevalentemente vegetariana, e passano le malattie. Esattamente come passano con le medicine, ma a effetti collaterali zero.
L’ultimo studio in ordine di tempo sull’efficacia del cibo come farmaco (anzi meglio del farmaco, in questo caso) è stato pubblicato su JAMA Otolaryngology . Gli autori, otorinolaringoiatri e epidemiologi di New York, hanno esaminato 200 pazienti affetti da reflusso laringofaringeo (un disturbo dovuto alla risalita  del contenuto acido dello stomaco nella laringo-faringe per un malfunzionamento della valvola superiore dell’esofago), hanno confrontato gli effetti terapeutici dei farmaci contro l'acidità con quelli di una alimentazione mediterranean style, come loro hanno definito una dieta prevalentemente vegetariana, per il 90% costituita da frutta verdura legumi cerali integrali, noci nocciole e mandorle e per il restante 10% da alimenti di origine animale, carne e latticini 2-3 volte a settimana, specificano gli autori.
Stile mediterraneo. Mangiando stile mediterraneo, dopo solo 6 settimane il 63% dei pazienti a dieta erano già scesi di sei punti nella scala di valutazione dei sintomi del reflusso (tipicamente  tosse cronica o stizzosa, necessità di schiarirsi spesso la voce, sensazione di nodo in gola,  disfonie).  La stessa cosa era vera solo per il 54% di quelli in terapia farmacologica. Insomma la dieta aveva funzionato come un farmaco, anzi meglio. E senza alcun effetto collaterale. Un bel vantaggio visto che medicinali contro l'acidità assunti per lunghi periodi di tempo si associano a un aumento del rischio di osteoporosi, di disturbi  cardiaci e di malattie renali.
I cibi curano, proprio come fanno le medicine? Questa pubblicata su Jama è solo l’ultimo studio sul loro potere terapeutico. "I cibi non curano, semmai è l’alimentazione a curare – fa subito chiarezza Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca al Crea-Alimenti e nutrizione di Roma.
Dove sta la differenza? "Non è il singolo alimento e meno ancora la molecola che cura ma un sistema alimentare, uno stile alimentare". Vagando per il web si trova di tutto (spesso anche il suo contrario per la verità): si scopre che la curcuma è anticancro, che la cannella è un antiglicemico, che lo zenzero guarisce dai disturbi gastrici. “Ed è tutto falso – riprende l’esperto –. Non ci sono alimenti che guariscono dalle malattie, semmai una dieta corretta che aiuta a guarire. Le cose cambiano per i disturbi che sono provocati dalla cattiva alimentazione, in questi casi modificando la dieta si tolgono le cause. È il caso del reflusso, di alcune colesterolemie, dell’ipertensione, di molte malattie croniche tipiche del nostro tempo, che puoi trattare con la dieta perché sono provocate dalla dieta, in genere da troppe proteine animali, troppe calorie, troppo sale ...”.
Alga o radicchio. E che dire della dieta mediterranea, miracolo italiano toccasana per ogni cosa? “Che non è la dieta mediterranea a essere l’unica buona alimentazione, o la migliorie alimentazione del mondo,  ma ogni regime alimentare a prevalenza vegetale. Molti studi sulla longevità condotti a livello globale indicano che i centenari, che siano giapponesi o napoletani, sono persone magre, che assumono anche il 90% delle calorie dai cibi vegetali, cibi che saziano di più e ingrassano molto meno degli alimenti animali”. Insomma il radicchio rosso di Chioggia vale quanto un’alga nipponica? “Esatto, la questione è limitare gli alimenti di origine animale, che oggi consumiamo in eccesso, non per curare. Ma per non ammalarsi”.

fonte:http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2017/09/21/news/mangi_sano_e_ti_ammali_di_meno-176121994/  


giovedì 4 gennaio 2018

Un cane fa bene al cuore e ti allunga la vita


Chi vive con un amico a quattro zampe è meno esposto a infarti, ictus e altri disturbi cardiovascolari. È quanto emerge da uno studio svedese, pubblicato su Scientific Reports, che svela quanto è importante il legame tra questi animali e la salute cardiovascolare
di SIMONE VALESINI

NON è un caso se lo consideriamo il migliore amico dell’uomo. Il cane è un compagno fedele e instancabile, che ci aiuta a rimanere attivi e con la sua presenza sembra addirittura capace di tenere alla larga alcuni problemi di salute, come asma e allergie respiratorie. Ma a ben vedere c’è di più: un amico a quattro zampe infatti potrebbe letteralmente allungarci la vita. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, che svela l’importante legame tra cani e salute cardiovascolare: un amico a quattro zampe diminuirebbe il rischio di soffrire di infarti o ictus, e più in generale abbatterebbe anche del 33% le probabilità di incorrere in una morte prematura.

La scoperta arriva dall’Università di Uppsala, in Svezia, ed è il frutto di uno studio che ha analizzato la salute di oltre 3,4 milioni di svedesi lungo un periodo di 12 anni. I partecipanti, tutti di età compresa tra i 40 e gli 80 anni e privi di patologie nel periodo precedente a quello monitorato, sono stati seguiti attraverso i registri del sistema sanitario nazionale. Un set di dati che ha permesso ai ricercatori di prendere in considerazione tutte le variabili rilevanti: età, sesso, stato civile, e anche il possesso di un cane, informazione che dal 2001 in Svezia deve essere comunicata e registrata a livello statale.

Analizzando quindi l’incidenza di disturbi cardiovascolari e la mortalità nel campione, e sistemando i risultati in base all’età, il sesso e altri fattori, i ricercatori hanno potuto stimare quale effetto ha sulla salute il possesso di un cane. E i risultati sembrano abbastanza chiari: i possessori di cani avrebbero un rischio di morire prematuramente inferiore del 20% rispetto alla popolazione generale. Un effetto protettivo che varia anche in base allo status familiare e alla razza di cane che si possiede. "Uno dei risultati più interessanti emersi dallo studio è che gli effetti del possesso di un cane sono massimi per le persone che vivono da sole", spiega Mwenya Mubanga, una delle ricercatrici dell’Università di Uppsala che ha partecipato allo studio. "Stando ai nostri dati, per i single il possesso di un cane diminuisce del 33% il rischio di morte e dell’11% quello di soffrire di malattie cardiovascolari. E l’effetto risulta massimo se il cane in questione appartiene a una razza selezionata originariamente per la caccia”.

"Per ora", sottolinea la ricercatrice, "si tratta di risultati che arrivano da uno studio epidemiologico, una ricerca che può identificare associazioni statistiche, ma non può chiarire la presenza di un eventuale nesso causale. Non è possibile quindi escludere la possibilità che i risultati osservati dipendano da altre variabili che lo studio non ha preso in considerazione: potrebbe darsi ad esempio che l’impegno richiesto dalla convivenza con un cane faccia sì questa scelta abbia in partenza una salute migliore; o che altre caratteristiche e stili di vita, ad esempio una dieta più sana, siano più comuni tra le persone che convivono con un cane".

Diversi indizi però potrebbero aiutare a spiegare una relazione diretta tra cani e salute. “Sappiamo ad esempio che chi convive con un cane tende ad avere livelli più alti di attività fisica, e questo potrebbe spiegare i risultati osservati”, sottolinea Tove Fall, epidemiologo dell’Università di


Uppsala che ha coordinato la ricerca. “Altre possibili spiegazioni riguardano le maggiori interazioni sociali, il benessere psicologico e l’affetto garantiti dalla convivenza con un cane, o persino l’influenza che potrebbe avere l’animale sul microbioma del padrone”.

fonte:http://www.repubblica.it/ambiente/2017/11/20/news/un_cane_ti_allunga_la_vita_abbassa_del_33_il_rischio_di_morte_prematura-181610245/

giovedì 21 dicembre 2017

Cosa dovrei cambiare per essere felice?



La felicità non è uno standard, un oggetto dei desideri, un’ideale, o una meta irraggiungibile.
Piccole gioie quotidiane sono la base per costruire una felicità da vivere giorno per giorno, liberandoti da tutti quei pensieri e abitudini che ti impediscono di essere felice.

Tutti viviamo degli schemi comportamentali e mentali oppure delle abitudini che possono impedirci di essere felici. Imparare a lasciarci alle spalle alcune di queste abitudini e schemi ci permetterà di affrontare la vita con più gioia e serenità.
Non è difficile, basta provarci…

Abbandona il bisogno del controllo:
è una grande fonte di ansia, è impossibile avere sempre e tutto sotto controllo, tutti hanno il diritto di fare le proprie esperienze e di avere il loro modo di vedere le cose. 
Sii flessibile e non imporre agli altri la tua modalità.

Abbandona il bisogno di avere ragione a tutti i costi:
le discussioni non devono trasformarsi in questioni personali, è giusto rispettare il punto di vista dell’altro. Spesso, il desiderio che l’altro riconosca le nostre ragioni non è direttamente collegato all’argomento in questione, ma dalla mancata accettazione di sé Arrabbiarsi, urlare, per avere ragione a tutti i costi non semplifica le cose, anzi.

Abbandona il bisogno di cambiare gli altri:
accetta e perdona, non scegliere una persona con il desiderio di cambiarla e accetta le sue diversità. Un partner lo scegli, quindi perché farlo con il desiderio di cambiarlo? Un genitore invece non puoi sceglierlo, ma puoi accettarlo.

Abbandona il passato:
ancorarsi al passato preclude la felicità. Le ferite subite non guariranno se collegate ed alimentate dai dispiaceri che vivi nella quotidianità. La vita è il presente, è il qui e ora.

Abbandona il bisogno di impressionare gli altri:
devi iniziare ad accettarti, fare delle cose che non hai voglia di fare per sembrare migliore agli occhi degli altri, è solo un grande spreco di energie e risorse, rispetto al presunto beneficio che pensavi di poterne ricavare. Non fingere di essere chi non sei.

Abbandona il bisogno di incolpare qualcuno:
solo tu sei l’artefice del tuo destino e il responsabile delle azioni che compi. Incolpare gli altri dei propri insuccessi è profondamente sbagliato. E’ la rabbia che ti porta a pensare che sia sempre colpa di qualcun altro.

Abbandona le dipendenze:
nessun tipo di dipendenza, che sia affettiva, o di qualsiasi altro genere, consente la crescita.Un rapporto che invece di essere basato sull’amore, è diventato una dipendenza affettiva, non funziona, è meglio lasciarlo andare.

Abbandona le etichette:
tutti siamo in continuo cambiamento ed evoluzione quindi un etichetta affibbiata ieri a te o ad un altro oggi non conta più. E’ estremamente limitante e imprigionante. Tu ogni giorno sei diverso/a, cambiano gli interessi, le prospettive, ciò in cui credi, e tu devi rimodellarti vivendo questi rimescolamenti.

Abbandona la rabbia:
rabbia e felicità non sono una combinazione possibile. Da dove viene questa rabbia? cosa posso fare per gestirla? Mi serve a qualche cosa arrabbiarmi?

Abbandona critiche, giudizi e pregiudizi:
già è molto difficile essere buoni giudici di se stessi, e giudicare gli altri diventa inutile e dispendioso. In particolare il pregiudizio è spesso capace di farci assumere degli atteggiamenti ingiusti in quanto basato su stati d’animo irrazionali oppure opinioni precostituite.

In tutto questo, sorridere alla vita è un ottimo strumento di inizio cambiamento.